Un po’ di storia: La notorietà e l’uso commerciale enologico della menzione geografica “Terra d’Otranto” sono sicuramente molto antichi. Il primo riferimento storico certo si può attribuire al giureconsulto monopolitano Prospero Rendella che, nel suo “Tractatus de Vinea Vindemia et Vino” del 1629 ed in particolare nel capitolo “De vinorum generibus et quae in Campania caeterisque Regni Neapolis provinciis laudi sint”, cita i vini Brindisino, S. Cesareo, Tarentino, Ostunij e soprattutto Hydruntum. La citazione rimanda a tempi antichi, forse risalenti alla fine dell’Impero romano, in cui non si distinguevano i vitigni ma si parlava di vini commerciali caratterizzati da nomi geografici specifici o toponimi.
Così Hydruntum (Otranto dal nome del torrente Hydrus nella cui vallata sorge la città) era riferito ai vini prodotti nel territorio della città Capitale dell’omonima Provincia di Terra d’Otranto. Alcuni anni dopo, anche l’abate Giovan Battista Pacichelli, nel suo viaggio attraverso le campagne salentine alla fine del 1600 menzionava e declamava il vino di Terra d’Otranto.
La storia del commercio e dell’esportazione dei vini di Terra d’Otranto interessa il 1600 ed il 1700; dai porti della penisola, 2 milioni di salme di vino e 1 milione e mezzo di cantare di olio, partirono per i mercati di Londra, Berlino, S.Pietroburgo e Barcellona. Mentre a Gallipoli si fissava il prezzo dell’olio, a Lecce si stabilivano i prezzi dei vini.
Nel XVIII secolo, in Terra d’Otranto sorgono importanti case vinicole, l’area rientra tra le più importanti regioni vitivinicole d’Europa e di conseguenza il settore costituiva una delle maggiori risorse economiche delle finanze reali Borboniche.
A fine ‘700 si registrarono comunque notevoli problemi in questo fiorente nuovo commercio enologico consistenti nelle avverse condizioni climatiche (famosa la distruzione dei vigneti del basso Salento del 1796 causata dal maltempo), i frequenti naufragi che frenavano l’intenso traffico marittimo nonché i moti rivoluzionari che nel 1799 interessarono il Regno di Napoli. Agli inizi del secolo XIX il commercio salentino, come in tutta Europa, riprese con fervore e la notorietà del vino di Terra d’Otranto giunse anche in America e in Australia; nel 1840, da Brindisi, partì la prima nave per l’Algeria e nel 1845 l’esportazione di vino interessò anche Svezia, Inghilterra e Danimarca.
Intorno alla metà dell’800 sorsero moderni impianti per la pigiatura delle uve e vinificazione (a Gallipoli, Nardò, Novoli, Salice Salentino, ecc.) soprattutto nelle vicinanze delle stazioni ferroviarie per agevolare gli scambi commerciali. La grande diffusione del vigneto proseguì in Terra d’Otranto anche successivamente come risulta dall’incremento delle superfici nel periodo 1874-1890 (da 21.600 ad oltre 81.000 ettari). Nel 1900 il governo Argentino acquistò importanti quantità di vino di Terra d’Otranto, transitato attraverso i porti di Napoli e Genova. Come riferito dal Falcone (2010), relativamente agli inizi del secolo, importanti fonti documentali si ritrovano nell’Archivio storico della Direzione Generale dell’Agricoltura ed in particolare, oltre a documenti relativi alle Cantine Sociali di Gallipoli, Galatina e Manduria, una relazione della Regia Prefettura di Terra d’Otranto sulla condizione della viticoltura indirizzata all’ On. Ministro.
In questo periodo l’incremento della coltivazione della vite si imponeva a causa della forte richiesta di vini da taglio (ad alta gradazione alcolica e di colore intenso, necessari all’industria dei vini di lusso) da parte delle regioni settentrionali, costrette a rimediare alla crisi della produzione vinicola francese dovuta alla fillossera.
Dopo il rallentamento dei commerci causato dal primo conflitto mondiale, i traffici ripresero con vigore così come la nascita di nuove cantine cooperative ed il potenziamento di quelle già esistenti. La comparsa della fillossera (primi focolai nel 1901), arrivata in Puglia tardivamente, sconvolse tutta la viticoltura regionale e costrinse a una completa ricostituzione dei vigneti che durò fin quasi alla fine degli anni ‘20. Già però nel 1930 la Puglia riprendeva ad emergere diventando la seconda regione produttrice dopo il Lazio.
Da questo excursus storico si comprende come l’uso tradizionale e commerciale della menzione geografica “Terra d’Otranto” è indissolubilmente legato all’omonima Entità amministrativa territoriale ovvero la Provincia di Terra d’Otranto. La Terra d’Otranto, pur essendo considerata come area geografica omogenea fin dal tempo dei romani, fu infatti formalmente istituita come Provincia nel 1231 (uno dei 3 Giustizierati in cui fu divisa la Puglia nella Costituzione di Melfi di Federico II di Svevia) e restò in vita, per circa 7 secoli, fino al 1923 quando ne iniziò lo smembramento con la costituzione della Provincia dello Jonio (rinominata Provincia di Taranto nel 1951).
In Terra d’Otranto la prima forma di associazione camerale competente in materia di commercio risale al 1810, allorché il R.D.L. n. 551 istituì in Lecce la Società di Agricoltura con competenza sull’intera Provincia e con lo scopo di promuovere e salvaguardare l’agricoltura in quell’epoca base della ricchezza nazionale. Successivamente, a un anno dall’unificazione del Regno d’Italia, dopo l’emanazione della legge che sanciva l’istituzione delle Camere di Commercio, nel 1862 (R.D.L. n. 929 del 16 ottobre) fu istituita la prima Camera di Commercio ed arti della Terra d’Otranto con competenza sui territori delle attuali province di Brindisi, Lecce e Taranto fino al 1927.
Anche dopo lo smembramento della Provincia in quelle di Taranto, Lecce e Brindisi, l’uso commerciale della menzione Terra d’Otranto proseguì nel settore enologico, oleario nonché dei prodotti derivati come i saponi. Alcune testimonianze relative agli anni ’30 si riferiscono all’uso del nome geografico da parte di importanti cantine come Casa Colosso di Ugento (Monte e Montillo, 2009), le Cantine del Barone Bacile di Castiglione (l’attuale Cantina “Masseria Monaci”) e l’Azienda Vallone di Galatina (Romano, 2003) su etichette, locandine e documenti commerciali.
Con il riconoscimento delle prime Denominazioni di origine controllata nell’arco Jonico-Salentino (tra il 1971 ed il 1976 furono riconosciute le DOC Copertino, Matino, Ostuni, Manduria, Salice Salentino e Squinzano) il nome Terra d’Otranto scomparve necessariamente dalle etichette dei vini e conseguentemente anche dalla carta intestata ed il materiale promozionale degli stabilimenti vitivinicoli locali. Ciononostante la notorietà del nome geografico è arrivata fino ai nostri giorni come è testimoniato dal riconoscimento ufficiale (D.M. 6 agosto 1998) ed il recente successo commerciale dell’Olio extravergine di oliva DOP Terra d’Otranto.
Anche riguardo le caratteristiche dei vini di Terra d’Otranto i riferimenti documentali sono numerosi. In considerazione delle condizioni climatiche e dei vitigni prevalentemente rossi dell’area, i vini erano molto alcolici e strutturati utilizzati come vini da taglio. A tal proposito:
Vincenzo Licci, nel Bullettino Ampelografico del 1877, riporta le analisi di numerosi mosti di uve della Terra d’Otranto; la maggior parte relativa al vitigno Negroamaro, le cui uve, vendemmiate tra metà settembre e metà ottobre, presentano gradazioni molto elevate.
Nella Statistica del Regno di Napoli del 1811, il Costa (Corciulo, 1992) riportava “La Provincia di Terra d’Otranto è nata fatta per la coltivazione delle vigne … li vini sono generalmente forti, coloriti, generosi e stomatici … come la provincia si avanza verso il Capo, così li vini migliorano. Li vini di Brindisi, Galatina, hanno una fama, ma molto maggiore l’hanno li vini dell’ultimo Capo”.
Nell’opera “Agricoltura, industrie indotte e manifatture in Terra d’Otranto (1806-1906)
Il Mastrolia (1990) in “Agricoltura, innovazione e imprenditorialità in Terra d’Otranto nell’Ottocento”, riferisce del vastissimo commercio dei vini della Terra d’Otranto nell’800.
De Lucia (1998) in “Agricoltura, industrie indotte e manifatture in Terra d’Otranto (1806-1906)” riportando le statistiche dell’epoca riporta “…si tratta di aride cifre ma che ci fanno ben comprendere la grande importanza che il vino aveva in Terra d’Otranto.”
Il vino dell’area non è tuttavia solo rosso ma anche bianco come dimostra il Garoglio (1973) che, nell’Enciclopedia Vitivinicola Mondiale, riporta un vino bianco, prodotto principalmente nel territorio del comune di Copertino, denominato “Terra d’Otranto”; il vino è descritto di colore giallo paglierino, sapore secco, armonico, con sottile profumo, gradazione alcolica 11-12°, indicato per antipasti e piatti di pesce.
http://www.alceosalentino.it/sites/default/files/Terra%20d'Otranto.pdf